Buongiorno ragazzi, oggi vi lascio la ricetta del pane alta idratazione con lievito madre. Volete un pane a forma di coniglietto con i buchi grandi? Vi consiglio di usare un licoli da un lievito-madre-dolce (starter dolce), di impastare energicamente (senza schifare l’aiuto che ci può dare la planetaria) e di aumentare l’idratazione dell’impasto: così otterrete un pane con un’alveolatura più aperta. Questa pagnotta qui ha un’idratazione dell’85%.
In linea generale, più acqua si aggiunge all’impasto, più sarà alveolata la mollica del pane.
Volete i buchi nella mollica? Aumentate il tempo di autolisi (che rende il glutine più elastico), aumentate l’idratazione e impastate con energia (per far sviluppare il glutine). Usate una farina di forza e un licoli in gran forma.
Oramai sono diventata una “panificatrice seriale” e sul mio conto Instagram potrete vedere tutti i miei esperimenti.
Per chi è alle prime armi suggerisco di seguire la ricetta dell’everyday pane con lievito madre per cominciare a innamorarsi di questo tipo di pane. L’everyday è un pane con un’idratazione inferiore ma soprattutto con una minore manipolazione dell’impasto, il tutto senza rinunciare alla croccantezza, agli alveoli, al gusto e ai benefici del lievito madre.
Questo pane ad alta idratazione è per chi ama toccare e manipolare i propri impasti, per chi vuole un’alveolatura davvero aperta. La laminazione impiegata in questo pane ad alta idratazione permette anche di farcirlo/aromatizzarlo a piacimento.
Farina:
Le farina sono fondamentali per la buona riuscita del pane. Con pani ad alta idratazione dobbiamo usare farine forti (con W = 350 // proteine = 14%). Possiamo anche usare farine macinate a pietra e le farine integrali, che assorbono più acqua. Tutti questi tipi di farine assorbono più acqua e quindi si sale facilmente in idratazione. Con le farine integrali o macinate a pietra, però, la mollica risulterà meno morbida (non c’è rosa senza spine!) e occorre ridurre il tempo della fermentazione in massa perché sono farine con una più alta attività enzimatica e la fermentazione corre: rischio di collasso!
E comunque le farine vanno provate, fa parte del divertimento di farsi il pane da soli. E visto che l’Italia offre una meravigliosa offerta di farine locali, usate quelle del mulino che più vi ispira fiducia.
Divertitevi a miscelare le farine. Se volete divertirvi con me seguitemi anche sul mio profilo instagram (@diariodicucina) o facebook. Per questo pane qui, per esempio, ho usato una miscela di farina 00 forte con W tra 440 e 460 (questa qui clic), farina di riso, semola rimacinata e farina arricchita in germe di grano (questa qui clic).
Tecniche di cottura.
Io uso la pentola di ghisa perché diffonde uniformemente il calore e trattiene l’umidità. L’uso della pentola di ghisa può essere evitato da chi ha un forno moderno a vapore con calore stabile e circolare.
Lievito madre.
Per il pane io uso il licoli (li.evito co.ltura li.quida) per due motivi. Il primo è che faccio più facilmente i calcoli di idratazione, il secondo è che il licoli regala un’alveolatura più aperta.
Cottura ritardata.
Mi trovo particolarmente bene a cuocere il pane la mattina al risveglio, così ho pane fresco di giornata per tutto il giorno.
Inoltre durante la maturazione a temperatura controllata (4°C) il pane si arricchisce degli aromi del lievito madre. Per evitare che il pane prenda troppo in acidità legata al lievito naturale, è importante che il lievito utilizzato sia giovane/fresco.
Ultima lievitazione/maturazione in frigo di 8-15 ore. Questo è il tempo ideale di maturazione in frigo: il pane si arricchisce di tutti gli aromi del lievito madre, la pagnotta tiene bene la tensione dell’ultima formatura e il lievito ha ancora tanto di cui nutrirsi, quindi il pane si sviluppa bene in cottura.
Ma possiamo anche cuocere in giornata. In questo caso dopo la formatura finale facciamo fare l’ultima lievitazione a temperatura ambiente per 3-4 ore prima di infornare. Otterremo un pane dal debolissimo, se non nullo, retrogusto acido tipico (invece) dei lievitati con lievito madre.
Consiglio la cottura in giornata quando si ha a che fare con impasti ad alta percentuale di farine integrali, biologiche, macinate a pietra… insomma tutte quelle farine con una forte attività enzimatica che fa andare veloce la fermentazione, facendoci correre il rischio di passare di lievitazione con conseguente collasso dell’impasto (cosa che può avvenire anche dopo la cottura).
La crosta blisterata (piena di bollicine) è tipica dei pani ad alta idratazione. L’ampiezza dell’apertura in forno e la presenza della cresta ci danno indizi sulla fermentazione e sulla tensione data all’impasto in fase di formatura.
Vocabolario.
Mi sembra il momento giusto per un po’ di vocabolario (ho “studiato” in inglese, quindi userò termini inglesi):
Idratazione = è la quantità di acqua in rapporto alla quantità di farina (gli altri ingredienti non contano). Per esempio se su 1 kilo di farina aggiungiamo 750g di acqua avremo un’idratazione del 75%.
Bulk = massa. Stiamo parlando della massa di tutti gli ingredienti messi insieme (sale compreso).
Autolisi: tutta la farina e buona parte dell’acqua (circa l’80% di quella prevista nella ricetta) mescolate e messe a riposare dai 25 minuti alle 2h.
Per lievitazioni ritardate (riposo in frigo) sono preferibili autolisi brevi.
Con farine macinate a pietra, biologiche o integrali sono da preferire autolisi lunghe.
Bulk fermentation = è il tempo di fermentazione di TUTTI gli ingredienti in massa (lievito e sale compresi). È il tempo tra l’autolisi e lo staglio (divisione della massa nei panetti). Il tempo della fermentazione in massa influenza la riuscita di un buon pane. Direi che il nostro lavoro si basa sull’esperienza per capire quando passare alla fase successiva. Parametro fondamentale per un risultato ripetibile e costante è la temperatura del bulk. Non si può panificare senza tener conto dell’influenza della temperatura sulla fermentazione / lievitazione.
Nella ricetta dell’everyday pane con lievito madre (clic) ho messo una tabella dei tempi di fermentazione in massa in funzione della temperatura dell’impasto. Ma lì abbiamo una idratazione del 75%. Con maggiori valori di idratazione bisogna ridurre i tempi. A voi il piacere di scoprirlo 😀
La foto qui sopra è di una pagnotta impastata a mano (in maniera energica, ma pur sempre a mano) per mostrare che anche senza impastatrice può avere un ottimo pane ad alta idratazione.
Se scrivo tutto questo non è per scoraggiare nessuno, ma per evitare a chi mi legge alcune leggerezze dei miei esordi con la panificazione con il lievito madre. Per cui… usiamo un termometro per alimenti da inserire nell’impasto dopo ogni giro di pieghe cosÌ da poter apportare dei cambiamenti. In estate di tanto in tanto metto il bulk in frigo per una ventina di minuti; in inverno nel forno nella modalità lievitazione. Se l’impasto sembra svilupparsi lentamente, lasciamolo per più tempo fermentare in massa. Osserviamo il nostro impasto e siamo flessibili. Un impasto ben sviluppato risulta ben coeso e si stacca facilmente dalle pareti del recipiente. Inoltre sarà aumentato di circa il 20-30% in volume.
Initial shaping = preformatura, pirlatura. Anche in questo caso l’esperienza gioca un ruolo fondamentale. All’inizio pirlavo per troppo tempo e il pane mi veniva (paradossalmente) più compatto. Con la pirlatura dobbiamo cercare di sviluppare una forte tensione nel panetto con il minimo di movimenti possibili.
Bench rest = riposo sul banco. In italiano si dice anche “puntata“. Dopo aver pirlato i panetti possiamo ancora agire sulla struttura del pane facendolo riposare ancora un po’ per sviluppare più forza o pirlando un paio di volte per conferire più tensione all’impasto.
Final shaping = la formatura vera e propria, quella di pagnotta tonda o allungata. In questo tipo di pane (molto idratato) la formatura finale gioca un ruolo cruciale nello sviluppo della forza e della tensione necessari per mantenersi in forma durante la lievitazione finale (a temperatura ambiente o in frigo). Una corretta formatura finale determina l’apertura dell’incisione che si fa con la lametta prima della cottura. I dettagli delle pieghe e dei movimenti della formatura sono nella scheda ricetta e nel video.
Final rise (lievitazione finale) = ultima lievitazione prima della cottura. Può essere fatta a temperatura ambiente per 3-4 ore. Oppure in frigorifero tra le 8 e le 15 ore per risultati ottimali (come spiegato prima nel testo del post).
Le tecniche usate in questa ricetta sono le seguenti:
Bassinage: Aggiunta progressiva della quantità di acqua. in questo modo possiamo aggiungere una quantità maggiore di liquidi senza rompere la maglia glutinica. In pratica usiamo circa l’80% dell’acqua per l’autolisi, il 5% per sciogliere il sale, il 10% da aggiungere dopo aver incorporato il sale e il restante 5% durante le pieghe (bagnandosi le mani e sgocciolando qualche goccia d’acqua sull’impasto).
Laminazione: stendendo l’impasto sul piano di lavoro se ne valuta l’elasticità, se ne aumenta la forza e l’estensibilità. Quindi si ottiene un’alveolatura più aperta e un maggior sviluppo in forno. Inoltre durante la laminazione si possono aggiungere le “sospensioni” (semi vari, olive, erbette, puree).
Coil fold: sono delle pieghe di rinforzo che sfruttano il peso dell’impasto stesso, non si rischia quindi né di tirare troppo, né troppo poco.
Attrezzatura.
Pentola in ghisa: Per pagnotte da 500 g a 1 kg (tonde o a filone) serve una pentola con un diametro di 26 cm (3,5 lt). Non deve essere né troppo piccola né troppo grande. E siccome quando “rovesciavo” il panetto nella classica pentola (pentola profonda con coperchio piatto), il salto dovuto alla profondità della pentola faceva collassare (sgonfiare) il panetto, ho optato per una pentola poco profonda ma con un coperchio con una grande cupola (praticamente una griglia con coperchio. (Io ho questa qui – clic).
Cestini di lievitazione (della dimensione giusta): per pagnotte tonde servono cestini tondi di 22 cm di diametro (clic), per filoni da 1 kg servono cestini ovali di 25×15 cm (clic) – (anche se c’è scritto che questa dimensione è per 750 g di impasto, io la uso con successo e soddisfazione per filoni da 1 kg!). Ovviamente qualunque tipo di contenitore di queste dimensioni va bene per il riposo (in frigo) dell’impasto già formato. Pensavo che il cestino di lievitazione fosse un accessorio inutile, che avrei potuto usare dei cestini in plastica o comunque “di recupero”. Poi ho deciso di prenderne uno e ho visto la differenza: ora ne ho 4!
Tarocco (spatola panettiere): quando si ha a che fare con impasti molto idratati e in grandi quantità il tarocco è fondamentale per maneggiare la massa. Ne va bene uno qualunque, basta che sia flessibile, tipo questo qui – clic.
Ciotola grande (vetro o plastica) per quello che si chiama “bulk fermentation”. In pratica deve poter contenere tutti gli ingredienti, deve permettervi di poter effettuare le pieghe direttamente nella ciotola e deve poter essere ancora abbastanza grande da poter accogliere tutta questa massa che lievita di un 20-30%.
Lametta a doppio filo per l’incisione: ed eccoci finalmente all’atto finale. Alla firma del panettiere. E vi assicuro che dopo tanto lavoro, non vorrete avere una lama che non fa il suo lavoro. Ho provato con il mio coltello da chef, varie lamette e perfino un bisturi. Per fortuna non mi sono arresa e ho trovato queste lamette (clic). Sono lame in acciaio a doppio filo di fabbricazione giapponese. Per ora le uniche che mi abbiano soddisfatta. Il manico della lametta me lo costruisco da sola inserendo dei bastoncini di legno (quelli per girare il caffè) – funziona benissimo e con grande soddisfazione.
Termometro alimentare: su Amazon se ne trovano di tutti i tipi. Io ne ho uno tipo questo (clic). Serve per misurare la temperatura del bulk (parametro molto importante da controllare!).
Pronti per mettersi alla prova? Ricetta del pane ad alta idratazione con lievito madre:
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